Per ricominciare… Per continuare… Per loro…
Lettera aperta del 19 agosto pubblicata su Il Capoluogo Abruzzo:
Sono aquilano, un chirurgo aquilano.
E’ da un pò di tempo che penso a varie cose ed ho cominciato a scriverle. Oggi sento il bisogno di fare questa lettera aperta per la nostra gente.
Il mostro di quella maledetta notte ha rubato a me e al mio splendido figlio i nostri due grandi amori, le nostre due stelle polari, Claudia la mia meravigliosa moglie e Fabrizia la mia piccola, tenera e splendida “Bambi”, ed ha privato mio figlio dei beni più preziosi, la mamma e la sorellina.
Pur tuttavia bisogna reagire.
Reagire anche per loro e per tutti i nostri cari che non ci sono più. Bisogna far rivivere L’Aquila perché lì c’è il nostro mondo, il nostro cielo, la nostra aria, la nostra terra, la nostra identità ed è lì che abbiamo vissuto con le nostre famiglie e con le persone che non ci sono più fisicamente, ma che vicinissime a noi, ci stimolano ad andare avanti.
Basta. Stop alle polemiche di tutti i giorni che non servono a nulla. La polemica a più non posso, la polemica fine a se stessa, perché?
Vorrei leggere un giornale senza polemiche solo con notizie buone che riguardano tutti noi aquilani colpiti da questa immane tragedia. No alla contrapposizione pura e semplice, no alle staccionate, agli steccati. Nessuno ha il dono della verità.
Ed allora rimbocchiamoci le maniche, non teorie ma fatti.
La generazione dei nostri genitori forse non ce la fa a ricominciare, ma ci può dare utili consigli basati sull’esperienza; la generazione dei nostri figli è troppo giovane per caricarsi di questo fardello. Ed allora siamo noi 40/50enni che dobbiamo caricarci di questo gravoso impegno per far rinascere L’Aquila e permettere ai nostri figli di ritrovare fra 5 /10 anni una Città migliore. Noi, la mia generazione, è chiamata ad un compito improbo ma doveroso: far rinascere o almeno iniziare la ricostruzione, non solo materiale, ma anche morale della nostra Città.
E’ soprattutto da alcuni decenni che il nostro stemma ricalca ciò che è L’Aquila: immota……
Bisogna scuotersi. Chi vi scrive è profondamente colpito nel proprio intimo e potrebbe fregarsene e cambiare Città. No!! Significherebbe uccidere di nuovo i nostri cari. Questo mostro ha reso tutti uguali: i poveri e i ricchi, i grandi e i bambini, i famosi e gli invisibili…… Non si va avanti con l’IO, ma con il NOI. In Africa c’è un detto che dice “se vuoi andare veloce vai da solo, ma se vuoi andare lontano vai in compagnia”. Non si deve andare veloci, ma lontano perché la meta è distante e occorre solo trovare la strada giusta per raggiungerla. Fra la nostra situazione attuale e l’ottimo c’è un divario che va riempito piano piano anche avendo l’umiltà di cambiare strada se fosse errata, ma tutti insieme. I nostri problemi non devono essere visti con l’ottica personale ma del bene di tutti. Se da un lato la politica parla troppo ed esagera nelle promesse, dall’altro la politica esagera nelle richieste. Penso che nessuno abbia la bacchetta magica per far tornare tutto al 5 Aprile. Magari !! Riavrei la mia splendida famiglia.
Bisogna programmare partendo dalle cose fondamentali per tutti: la casa, la scuola, il lavoro.
Io ho la fortuna di avere un posto di lavoro pubblico ed uno stipendio, ma chi lavora in proprio come può fare? Ebbene dando le case a tutti quelli che vi abitavano al 5 Aprile e ridando la scuola ai nostri figli, comunque sia, di cemento, di tela, di plastica, è certo che potranno riprendere le attività commerciali e libero-professionali e quindi saremo noi aquilani a ridare loro il lavoro, rinunciando agli aiuti statali, e cominciando a reinvestire giornalmente per tutto ciò di cui una famiglia necessita tornando a L’Aquila per vivere giornalmente e anche per divagarsi, come facevamo prima di quella terribile notte. Gli aiuti dello stato devono essere un di più, ma l’aiuto principale deve partire da noi cittadini di L’Aquila.Ed allora basta di questa guerra fra poveri, perché ormai siamo tutti così; basta di fomentare questa guerra fra Aquilani in tenda ed Aquilani sulla costa. Siamo tutti sulla stessa barca che non deve affondare. C’è una diaspora che deve essere ricomposta. E se anche ne tornassimo in numero inferiore a prima del sisma è sempre un inizio. Sono nati vari comitati ed associazioni che pur animati da nobili ideali frammentano, dividono per posizioni troppo distanti sulle cose da fare. Basta comitati: gli aquilani sono un comitato unico, in 60.000 uniti si vince partendo da cose comuni. Noi aquilani siamo già un’associazione perché siamo figli della stessa Città; ed allora ripartiamo dalle cose in comune, le più importanti, e poi ognuno potrà richiedere anche quelle personali. Ma solo dopo che per tutti ci sarà la base per ricominciare. E’ inutile chiedere la luna! E’ bene identificare le priorità cominciando da quelle utili per tutti e poi inserendo quelle personali ed anche quelle superflue.
Come chirurgo sono portato a prendere decisioni nell’immediato per cercare di trovare una soluzione. Oggi abbiamo miliardi di problemi, ma ad un problema non si risponde creandone un altro, ma cercando una soluzione che potrebbe anche non essere la migliore ma un buon inizio. Questa potrebbe essere l’occasione per rilanciare la nostra Regione anche da un punto di vista della sanità. Uscire dalle regioni canaglia e diventare virtuosa.
E’ quindi il momento di prendere delle decisioni.
Se ognuno di noi, tecnico nel proprio settore, mettesse a disposizione degli altri le proprie idee per la città senza pensare al proprio tornaconto economico o di prestigio personale, allora i risultati si vedrebbero per tutta la nostra comunità.
Tutto ciò lo penso, lo dico e lo scrivo con l’angoscia nel cuore per ciò che non ho più. L’Aquila è la Città della mia famiglia, dove è iniziato l’amore per mia moglie e per i miei figli. E’ il cielo sotto il quale siamo stati tutti e quattro, è l’aria che abbiamo respirato, sono le strade che abbiamo calpestato e i negozi dove siamo entrati. Tutto ciò deve rivivere. Quando sono a L’Aquila, tutti i giorni, la mia angoscia ha un attimo di sollievo perchè mi rivedo con tutta la mia splendida famiglia ed è per questo che voglio al più presto tornarci. Certo le difficoltà saranno per tutti enormi, ma guardando il bicchiere mezzo pieno andremo avanti con fiducia. Non si deve avere fretta ma aspettare, avere pazienza, pianificare per poi raccogliere. Non si può essere ansiosi per il risultato: se il lavoro è stato impostato e svolto bene il risultato arriverà.
In questa tragedia c’è chi ha perso tutto, affetti e beni materiali, chi ha perso solo i beni materiali, chi non ha perso nulla e perfino chi trarrà solo vantaggi. Tuttavia dobbiamo remare tutti verso una sola direzione: la ricostruzione.
Purtroppo gli affetti perduti, beni di valore inestimabile, nessuno ce li potrà restituire.
Perdere la persona con la quale si è condiviso ogni momento bello o brutto della vita, perdere una figlia splendida, il nostro futuro, avere però ancora un figlio veramente splendido e forte sono cose che da un lato ti abbattono ma dall’altro ti caricano. Mi dicono che vado a 7000 giri: se così non fosse impazzirei. Le cose da fare, da pensare, da realizzare ogni giorno sono infinite come infinito è l’amore per Claudia, Fabrizia e Federico. E’ per loro che cerco di battermi ogni giorno.
La politica vera, alta, nobile, non è quella della contrapposizione fine a se stessa ma è quella che a prescindere dal colore politico prende a cuore i problemi e cerca di risolverli per il bene comune, non di pochi. Non può essere tutto vero ciò che ci viene da una parte politica o che viene negato dall’altra parte. La verità sta nel mezzo o forse nessuno ne ha una. Se abbattiamo gli steccati tutti insieme potremo trovare la strada della rinascita. Nella nostra realtà occidentale tutto viene visto per il profitto e tutto è mosso dal denaro e si corre, si corre, ed abbiamo perso una cosa fondamentale, la bellezza del sorriso. In Africa dove sono stato in missione umanitaria, la gente pur non avendo nulla, come noi oggi, ha sempre il sorriso. Il sorriso di vivere ogni giorno. Quel sorriso che vorrei rivedere sul viso di Claudia e Fabrizia qui accanto a noi. Ed allora riprendiamocelo quel sorriso e combattiamo per l’interesse di tutti mettendoci ognuno al servizio degli altri, ognuno con le proprie capacità, idee e voglia di fare.
Terremotato non vuol dire accontentarsi di quello che viene offerto, ma nemmeno pretendere tutto e subito.
Per il futuro di Federico e dei nostri ragazzi che si meritano una vita normale. Per Claudia e Fabrizia e per tutti coloro che non ci sono più per ricordarli per sempre.
Vincenzo Vittorini