In Afghanistan è strage di italiani: quattro alpini uccisi vicino a Farah
Quattro alpini uccisi, e uno ferito, in una imboscata nella provincia talebana di Farah. Per gli italiani l’attentato dal bilancio più pesante dopo quello in cui, il 17 settembre 2009, morirono 6 militari. Questa volta il “blindato” Lince non ha retto ad una esplosione devastante: la guerriglia ha alzato il tiro. E il ministro La Russa, per ridurre i rischi, annuncia l’invio di più elicotteri, mentre al Parlamento chiederà se è il caso di dotare i caccia di bombe.
I fatti si sono verificati alle 9.45 locali, nel distretto di Gulistan, 200 chilometri a est di Farah, al confine con l’Helmand. I militari italiani, su una trentina di blindati Lince, stavano scortando un convoglio di 70 camion civili che rientravano verso ovest dopo aver trasportato materiali per l’allestimento della base operativa avanzata di Gulistan, denominata “Ice”. È una delle basi in cui si articola la nuova task force South-east, che ha giurisdizione su tre distretti ad altissimo rischio della provincia di Farah – quelli di Bakwa (dove è stato installato il comando), di Pur Chaman e, appunto, di Gulistan – in precedenza affidati al controllo di un ben più nutrito contingente statunitense.
La dinamica presenta ancora alcuni lati oscuri. Di sicuro c’è stato un violento combattimento, prima e dopo l’esplosione, che ha coinvolto, ha spiegato La Russa, «un alto numero di insorti». Secondo alcune fonti il convoglio sarebbe stato prima attaccato a colpi di arma da fuoco (un attacco di questo tipo, senza conseguenze, lo aveva subito anche ieri) e quindi dirottato sulla strada dove era stato sistemato l’ordigno. Dopo l’esplosione la battaglia è continuata, fino a che i militari italiani hanno respinto gli aggressori, che si erano impossessati dei camion civili, contro cui avevano in precedenza fatto fuoco. «È possibile che ai bordi della strada ci fossero altri ordigni», ha detto il ministro della Difesa.